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Chennai

  • Foto del escritor: Daniele Gennara
    Daniele Gennara
  • 21 ene 2019
  • 3 Min. de lectura

Abbiamo deciso di atterrare a Chennai, per poi proseguire con la corriera fino a Puducherry, perché oltre a un biglietto più economico potevamo anche vedere due cose che ci avevano catturato l'attenzione mentre pianificavamo il viaggio:

  1. Marina Beach.

  2. Il mercato di Koyambedu


Queste due esperienze si sono tradotte in due incubi e una bella sorpresa.


Marina beach, con i suoi 6 km di sviluppo, è la spiaggia urbana più grande di tutta l'India.

Abbiamo riservato una guest house in Triplicane, il quartiere vicino alla spiaggia, con l'idea di svegliarci la mattina, camminare verso la spiaggia, passeggiare sulla sabbia e, perché no?, magari entrare in acqua e rinfrescarci.

Purtroppo la realtà è stata ben altra: Triplicane è un quartiere ad altissima densità, che mostra i caratteri indiani in tutta la loro forza: i protagonisti indiscussi delle stradine di questa parte di città sono sporcizia, inquinamento (ambientale e acustico), e qualsiasi altra cosa poco piacevole vi venga in mente





Il bello però arriva quando finalmente arriviamo alla spiaggia: è in corso il Pongal festival e un numero considerevole di persone ha avuto la stessa nostra idea. Inoltre la spiaggia è la più sporca in cui ci siamo imbattuti in vita nostra, l'accesso all'acqua proibito, e non proibito per nostro scrupolo (come a Sentosa) ma per volere delle autorità.


Ovunque le bancarelle vendono ogni sorta di cosa, da pesci coperti di peperoncino, a giocattoli; da tatuaggi a foto già photoshoppate.

Gli odori che si alternano sono urina, decomposizione, olio esausto, animali (in questo caso cani randagi e cavalli scarsamente puliti).



Le persone sono curiose con noi, ci salutano, ci sorridono. Noi facciamo del nostro meglio per rispondere a tono ma è dura: dalla riviera gallega al Pongal di Chennai è stato drastico il cambio in 18 ore di volo.


È vero che le mucche sacre (la parsimonia che dispensano in mezzo a tutto questo casino le regala seriamente un aura divina) sono graziose dipinte a festa, ed i combattimenti a base di secchiate di acqua fanno sorridere; ma queste distensioni sono due gocce d'acqua in un'oceano di confusione.



Tutta la città di Chennai è cosi, difficile da visitare per il rumore continuo dei clacson e l'aria malsana delle vie. Per quanto ci siamo sforzati è difficile camminare a proprio agio nelle sue strade, sembra tutto una grande discarica a cielo aperto.


Passare da qui ci ha spinto a continue riflessioni fra di noi. Siamo davvero un cancro su questa terra? Quanto si può adattare l'essere umano in un'ambiente ostile, probabilmente non considerandolo ostile?

Il nostro comportamento può far cambiare qualcosa? Ha senso il riciclaggio nelle nostre piccole città ecologiche se esistono megalopoli così? La sopravvivenza può essere migliorata seppur resta sotto il peso della necessità?


Vi diamo qualche esempio: tutti, ma proprio tutti, continuano a tossire (e a sputare per terra); alcuni girano per la città scalzi tra i rifiuti e il percolato dello stesso; ad altri non importa mangiare riso per la strada in mezzo ai cani randagi, alle mosche e ai gas di scarico di mille motorini e tuktuk.

Se tutto questo ci sembra una condizione limite in realtà non lo è, i dati parlano chiaro (rapida ricerca su wikipedia) ed è solo una questione di punti di vista: se ci sono 1,3 miliardi di indiani contro i 740 milioni di europei significa che globalmente le condizioni che abbiamo descritto sono in netta maggioranza (si parla di 270 milioni di indiani sotto la soglia di povertà, un dato convincente se relazionato con lo stesso di 10 anni fa, ma tutt'oggi il 90% della popolazione vive quotidianamente a contatto con queste condizioni).


Man mano che ci si allontana dal centro urbano i rifiuti gettati a terra ci sono sempre, anche se in minor quantità, ma è più facile riconoscere quanto la plastica, ed ogni altro materiale non biodegradabile, affetti negativamente il 'ciclo vitale' degli oggetti in India. Non è da condannare l'abitudine di tirare ogni cosa a terra, lo è l'accesso nella vita quotidiana di oggetti monouso, fatti di materiali monouso.​



Ora veniamo alla sorpresa: il mercato di Koyanbedu. Dato per accettato il disordine e la presenza di bovini e corvi, quello che resta è la passeggiata in uno dei mercati più grandi di tutta Asia (più di un chilometro quadrato di grandezza) dove, tra fiori, frutta e verdura, per la prima volta abbiamo respirato profumi invece che fetori.


È possibile comprare interi caschi di banane, o un chilo di melograni per un euro, è possibile rendersi conto della quantità enorme di cibo che la fertile terra indiana produce ogni giorno, o di come sia sensato permettere agli animali di entrare in un mercato di frutta e verdura con enormi quantità di residuo.




Dopo tre giorni in questa Chennai, prendiamo un bus per Puducherry, per iniziare davvero la nostra avventura.

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